Questa mattina è stata pubblicata su La Repubblica una notizia che ha destato subito scalpore tra gli esperti: pare infatti che l’AGCOM, ovvero il Garante per le comunicazioni, abbia intenzione di tassare le applicazioni di messaggistica istantanea come Telegram o WhatsApp.
Nell’articolo, a firma di Aldo Fontanarosa, si parla di un pedaggio che queste app dovrebbero versare agli operatori di telecomunicazione come equo compenso per l’uso che fanno della loro rete.
Viaggiano lungo le reti Internet che le società di telecomunicazioni costruiscono a caro prezzo. […] Eppure non pagano niente per questo transito. Utilizzano anche i numeri di telefono che le società di tlc assegnano ai loro clienti, dopo averli acquistati dallo Stato. E neppure qui versano un solo euro.
Che la proposta sia una follia è evidente fin da subito: l’accesso alla rete e il numero telefonico vengono già pagati dagli utenti, tra l’altro profumatamente se confrontati con altre realtà europee, e pertanto essi dovrebbero essere liberi di utilizzare il servizio come meglio preferiscono. Si tratta del principio di neutralità della rete, che Tim Berners-Lee, inventore del Web, ha definito così: «Il web non deve assolutamente discriminare sulla base di hardware particolare, software, rete sottostante, lingua, cultura, handicap o tipologia di dati».
Ma non finisce qui: come si potrebbero tassare determinate chat quando, di fatto, la maggior parte delle applicazioni include oggigiorno analoghi sistemi di messaggistica? (Si pensi alle chat interne a Facebook, Instagram, LinkedIn, Gmail, o persino a giochi come Ruzzle o QuizDuello)
Personalmente credo che l’articolo di Repubblica sia stato scritto in modo sensazionalistico e quindi non corrisponda alla realtà dei fatti. Sul sito dell’AGCOM, infatti, è presente soltanto un’indagine conoscitiva, volta quindi a comprendere lo stato attuale delle piattaforme di comunicazione digitale, e nulla si dice delle assurde proposte riportate dal quotidiano di Calabresi.
In ogni caso occorre non abbassare la guardia, affinché si possano combattere sul nascere leggi di questo genere, che danneggiano i consumatori a vantaggio dei grandi operatori telefonici, i quali si oppongono come luddisti allo sviluppo tecnologico, rimpiangendo i bei tempi in cui vendevano a caro prezzo servizi virtualmente privi di costi come gli SMS.
Luca A. Rossi
Al Garante per le comunicazioni occorre ricordare che i cittadini italiani in passato hanno ampiamente contribuito alla realizzazione della rete, e tuttora continuano a farlo. A caro prezzo.
Reti poi sfruttate dagli operatori.